mercoledì 30 aprile 2014

Sevilla


Arriva dai Paesi Bassi un cortometraggio che colpisce dritto al cuore, firmato Bram Schouw. 

Un dramma magnifico girato in 16 mm e bagnato da un ultimo pianto liberatorio prima di voltare pagina, in ricordo di una vita precedente. Un omaggio a ciò che c'era e che fin dalle prime scene si intuisce che non c'è più. Un doppio road movie che rappresenta lo stesso viaggio fatto dagli stessi protagonisti due volte, e che scivola presto in un montaggio alternato dell'anima, fatto di ricordi e sorrisi amari.

Un Jules et Jim contemporaneo, che dalla magia della nouvelle vague di truffautiana memoria riprende lo stile sgangherato, la macchina a mano, le riprese ballerine e il romanticismo talvolta ambiguo ma sempre poetico di tre personaggi in viaggio; un viaggio verso se stessi, verso la scoperta, verso crèpes allo zucchero e foreste da correre.

Un'allusione alla Francia e al suo cinema ancora più diretta verso la fine, quando i protagonisti iniziano a parlare francese, l'atmosfera si fa tragica e quasi si percepisce il bianco e nero di quei film retrò mai dimenticati. E sembra di sentirli ridere in lontananza quei tre innamorati di Parigi che si rincorrono spensierati creando scompiglio. Farfalle nella testa, fiori e pugni nello stomaco.


E la malinconia delle sagome disegnate sui muri si scioglie sotto le note perlacee della struggente Nantes dei Beirut che raffredda gli amori e annuncia presagi. 
Ritornano il topos del ballo, il cinema indipendente e le immense citazioni che fanno sempre stare bene.

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